Formazione, lavoro e impresa per rispondere alla crisi

Alla fine del 2006, negli Stati Uniti iniziano le prime pericolose avvisaglie della profonda crisi in cui l’economia mondiale entrerà di lì a qualche mese. Il rialzo dei tassi di interesse sui mutui e le operazioni di speculazione finanziaria mandano in tilt il sistema creditizio, provocando il fallimento di molte banche d’affari statunitensi e aprendo la strada alla peggiore crisi economico-finanziaria dell’occidente, dal 1929 in poi, in cui interi pezzi dell’economia produttiva dei paesi maggiormente industrializzati vengono ingoiati dal baratro dei debiti e della speculazione finanziaria.
È interessante leggere tutta la storia dei dieci anni del governo pugliese attraverso la lente diacronica delle dinamiche della crisi. È interessante sotto molteplici aspetti: innanzitutto perché ormai c’è consapevolezza diffusa sui tanti errori commessi dall’Italia e dall’Europa dell’austerity nelle modalità con cui è stata affrontata la crisi. Di fatto si è preferito tagliare gli investimenti pubblici e ridurre i servizi ai cittadini, mentre gli stessi Stati Uniti hanno intrapreso una strada differente.

Ed è interessante perché si possono apprezzare con maggiore chiarezza le politiche di tutela e di rilancio dell’economia pugliese, messe in campo dal governo regionale, che ha provato a rispondere alla crisi in maniera diametralmente opposta a quanto fatto dai governi nazionali, investendo, immettendo risorse, puntando sullo sviluppo, sull’innovazione dei sistemi produttivi, sulla conversione del modello di economia, sulla tutela del lavoro e della parte più debole del sistema produttivo.

Possiamo dire che le dinamiche della crisi hanno senz’altro condizionato pesantemente l’andamento dell’economia pugliese. Bisognava da un lato mettersi al riparo e dall’altra cercare di rivitalizzare l’economia e le imprese del nostro territorio, facendo i conti con risorse sempre più scarse: una traversata in mare aperto e controcorrente. Ma oggi la nostra economia è senza dubbio più solida e pronta.
In assenza di una politica industriale nazionale, il governo regionale ha attivato una propria politica industriale fatta di incentivi agli investimenti industriali, ma anche di sostegno al lavoro e alla formazione, di interventi per l’accesso al credito e per le infrastrutture negli insediamenti produttivi e da programmi per l’internazionalizzazione.
Con una vera e propria manovra anticrisi la Regione ha immesso nel sistema produttivo più di 1 miliardo di euro. Non incentivi a pioggia, ma costruiti su tre elementi: innovazione, internazionalizzazione e formazione.
Quegli incentivi hanno generato investimenti per quasi 4 miliardi di euro, hanno attratto imprese estere e contrastato la delocalizzazione, hanno creato lavoro per più di 27.500 persone, tra posti confermati e nuove assunzioni.
Hanno dato un impulso fortissimo all’autoimprenditorialità, permettendo la creazione di migliaia di nuove imprese, grazie al grande successo di incentivi come Nidi, che ha consentito a giovani, donne, disoccupati e precari di avviare 2.109 iniziative che sviluppano investimenti per oltre 111 milioni di euro e genereranno, a conclusione dei progetti, quasi 3mila nuovi posti di lavoro.
Gli incentivi hanno stimolato le imprese a investire in ricerca e innovazione e le hanno spinte verso il processo virtuoso delle aggregazioni e delle reti, che moltiplica gli effetti degli aiuti introducendo anche nelle piccole aziende nuove tecnologie e ricerca industriale. In una parola, hanno impresso una forte accelerazione alla competitività.
Per sostenere le imprese la Regione Puglia è intervenuta anche contro la stretta del credito con una manovra da 190 milioni di euro che ha agevolato i fondi di garanzia e di controgaranzia dei Confidi, ha aiutato le imprese non bancabili a ottenere microcredito, ha sostenuto le aziende che investendo sul bene immateriale della conoscenza, dell’innovazione e dello sviluppo tecnologico hanno difficoltà a ottenere finanziamenti bancari.
In sostanza, si è messo un argine alla crisi.

Sin da subito, inoltre, si è agito per provare a superare la debolezza del sistema produttivo e la eccessiva parcellizzazione della rete economica, attraverso la creazione dei distretti produttivi. Le imprese hanno iniziato a collaborare con il sistema della ricerca e con le altre aziende, un tempo guardate con la diffidenza riservata ai concorrenti. Una rivoluzione, quest’ultima, fortemente spinta dalla Regione attraverso l’istituzione, con una legge regionale, dei distretti produttivi e tecnologici che riuniscono imprese, organismi di ricerca universitaria e non, istituzioni, enti, associazioni e sindacati.
Nel contempo si è provato ad offrire alla nostra regione delle nuove vie di sviluppo: energia pulita, l’aerospazio, la meccatronica, la chimica farmaceutica.

Nel 2005 l’utilizzo di energie pulite da trasformare in elettricità era quasi inesistente. La Puglia era la Regione delle fonti fossili a dispetto di un patrimonio naturale ricco di sole e di vento. Per i pugliesi le fonti di energia erano le stesse di cento anni prima: carbone e petrolio.

In Puglia solo il 3,09% dell’intera energia proveniva dal sole, dal vento e dalle bioenergie.
Oggi la Puglia è la regione delle fonti rinnovabili. Al primo posto in Italia per la produzione da eolico e da fotovoltaico e al quarto per le bioenergie (cioè biomasse, bioliquidi e biogas).
La Puglia oggi produce quasi il 25% della propria elettricità da fonti rinnovabili.
I pugliesi si avvicinano sempre più a un traguardo che sembrava irraggiungibile dieci anni fa: quasi la metà dell’elettricità utilizzata che illumina e fa funzionare le abitazioni e le aziende proviene dal sole, dal vento e dalle bioenergie.
Tutto questo è stato possibile grazie a un piano energetico ambientale e a un sistema di regole che ha favorito lo sviluppo delle fonti alternative.

Risultati importanti anche in altri settori, fino al 2005 inesplorati. La Puglia si è specializzata in materiali come i componenti in fibra di carbonio utilizzati anche per il 787 Dreamliner (nuovo aereo della Boeing) e in tecnologie innovative: è pugliese il microchip per il Robot Curiosity della Nasa atterrato su Marte nel 2012 e sono realizzati in Puglia i sistemi di diagnostica ferroviaria utilizzati nelle più grandi metropolitane del mondo. Prodotti tecnologici come questi competono brillantemente sui mercati mondiali, ma la Puglia emerge anche in settori tradizionali come l’agroalimentare (basti pensare ai vini e agli oli) e la moda perché ha adottato politiche di marchio e perché ha imparato a internazionalizzare.

Ecco uno dei segni più significativi del cambiamento della Puglia in questi dieci anni: il rapporto col mercato globale, la proiezione internazionale delle aziende pugliesi.
Numerosi gli indicatori di questa proiezione. Innanzi tutto le esportazioni: in dieci anni il valore dell’export pugliese ha fatto un balzo in avanti del 20% arrivando, nel 2014, alla somma di oltre 8,1 miliardi di euro (più di 1,3 miliardi di crescita rispetto al 2005) con un’espansione, nello stesso anno, delle vendite nei mercati extra Ue del 5,4%. Ma il dato più sorprendente è l’aumento della capacità di esportare dei settori più dinamici e innovativi: per merci come i mezzi di trasporto, l’ICT, i prodotti chimici e farmaceutici, l’industria creativa, le attività professionali scientifiche e tecniche, la quota del valore delle esportazioni sul totale del fatturato export è aumentata di anno in anno, passando dal 19,1% del 2005 al 41,1% del 2013 (ultimo dato Istat disponibile).
Tutto questo non è frutto del caso, ma di una strategia chiara, di investimenti per lo sviluppo e di una attività costante a sostegno del sistema di impresa pugliese.

Forse c’è una storia, in particolare, che riassume il senso delle politiche attuate, più di ogni cifra, e riguarda una azienda a conduzione famigliare del Salento. L’azienda che operava nel settore tessile della tappezzeria, ha spostato la sua produzione dai salotti agli interni degli aeromobili passando poi ai vettori di lusso come i jet privati. Adesso la stessa impresa sta aprendo una sede in America.

Ma lotta alla crisi vuol dire anche politiche attive per il lavoro, tutela dei livelli occupazionali e contributi alla formazione e al reinserimento lavorativo.

Nello stupore perfino della Commissione europea, che oggi invece considera buone pratiche progetti come Diritti a scuola e Ritorno al futuro, abbiamo usato in maniera diversa i fondi strutturali e siamo intervenuti sui sistemi di valutazione dei progetti e sui controlli della spesa.
Attraverso le risorse del Fondo Sociale Europeo per la programmazione 2007-2013 si è lavorato a iniziative di qualità in ogni campo del sapere, perché l’intero comparto della conoscenza fosse leva di promozione e inclusione sociale, di sviluppo dell’economia, strumento di pari opportunità.
In primo luogo abbiamo cominciato a costruire le strade per camminare. Un nuovo sistema di accreditamento degli enti di formazione, aperto a tutti ma rigoroso nella richiesta e nel controllo dei requisiti. La ridefinizione del repertorio delle figure professionali, e di nuovi profili, individuati sollecitando distretti produttivi, sistema d’impresa, sindacati, università, mondo della scuola. Abbiamo potuto, sulla base di questo lavoro, orientare i bandi su profili più dinamici e innovativi, in settori di possibile espansione dell’economia, per costruire uno stretto legame tra formazione e occupabilità.
Abbiamo adottato, infine, il “Sistema regionale delle competenze”, che ridisegna la formazione a partire dalle competenze già in possesso dei singoli, per rendere più agevole e agile il sistema e calibrare utilmente percorsi di formazione e riqualificazione.
Questi strumenti sono serviti anche a estendere la capacità di governance dell’ Assessorato, individuando una formazione “utile e spendibile” e proponendo agli enti accreditati più uniformi metodi di lavoro e di certificazione dei risultati.
Su questi presupposti e in stretto collegamento con l’Assessorato al lavoro, con un impegno di circa 40 milioni di euro, sono stati realizzati i corsi per i percettori di ammortizzatori sociali, soggetti fuoriusciti dal mercato del lavoro, “adulti che sanno da adulti” ai quali sono stati offerti percorsi formativi “brevi e utili” al fine di riqualificarli e migliorare il loro livello di occupabilità. (Catalogo dell’offerta formativa). Inoltre, circa 10 milioni di euro sono stati impegnati per il reinserimento lavorativo dei cassintegrati in deroga (tirocini e “dote occupazionale” per le aziende che assumano cassintegrati a tempo indeterminato) e 11,5 milioni per il Sostegno al reddito per chi ha perso anche la mobilità. Infine 4 milioni sono stati recentemente impegnati per la fase di avvio dei “Cantieri di cittadinanza” un pacchetto di misure per il reinserimento lavorativo delle persone svantaggiate. Misure che prevedono anche utili percorsi di formazione per ” non morire di ammortizzatori” .
In questi dieci anni si è lavorato a leggi importanti per il mercato del lavoro. La legge Barbieri sull’apprendistato, le leggi contro il lavoro nero, soprattutto nelle campagne. Leggi che hanno avuto il plauso europeo.
Nel corso degli ultimi anni le norme sull’apprendistato sono state modificate a più riprese a livello nazionale, riducendo in maniera significativa la parte formativa del contratto di apprendistato, cosa che ha visto la non condivisione della nostra regione, in sede di Conferenza Stato/ regioni. Abbiamo comunque regolamentato l’apprendistato professionalizzante, l’apprendistato per la qualifica e il diploma, l’apprendistato per l’alta formazione e la ricerca.
Infine, abbiamo con Legge regionale del 2013 disciplinato i tirocini formativi per l’inserimento nel mercato del lavoro e previsto con successiva Legge (2015) i tirocini finalizzati all’inclusione sociale.

Obiettivo di queste politiche – perseguito in stretta collaborazione tra gli assessorati al Lavoro e alla Formazione – quello di valorizzare il ruolo della formazione (non solo ammortizzatore sociale) e quello di una radicale riforma delle politiche attive del lavoro, per promuovere e favorire la collocazione e la ricollocazione nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle lavoratrici colpiti dalla crisi. Si è scelto di puntare sulla qualità per qualsiasi percorso di formazione, nella convinzione che oggi sia necessario “sapere di più e meglio” in ogni età della vita, in ogni percorso di lavoro, dai percorsi di qualifica triennale, alla formazione aziendale, alla formazione di nuove figure professionali, nell’ ottica della lifelong learning.

E i percorsi di qualifica triennale, banditi per figure professionali relative a settori con più alti indici di occupabilità, sono stati in questi anni non solo argine alla dispersione e agli abbandoni, ma hanno anche avuto buoni esiti occupazionali, dal momento che il 48% di ragazze e ragazzi risulta occupato e il 16% rientrato nei percorsi scolastici. Moltissimo si è puntato sulla formazione continua dei dipendenti delle aziende pugliesi, nella convinzione che il livello di competitività e la capacità di innovazione del sistema produttivo dipenda, in gran parte, dalla qualità delle competenze della forza lavoro. Per la formazione continua, solo negli ultimi tre anni, abbiamo investito 33 milioni di euro. Infine, i corsi sono stati organizzati analizzando il territorio, cogliendo nuove esigenze di profili professionali e nuovi bisogni formativi per figure già esistenti. Dai tecnici dello spettacolo e dell’audiovisivo, al recupero e alla valorizzazione degli antichi mestieri (circa 6 milioni e mezzo di euro per la formazione di circa 200 persone), alla formazione e alla riqualificazione degli operatori socio-sanitari, per fare solo alcuni esempi.

E sul tema dell’inclusione sociale non possiamo non citare quanto è stato fatto in questi anni per la formazione dei più deboli e fragili. Il lavoro di formazione nelle carceri, anche tra i più giovani, i bandi in collaborazione con le politiche del welfare, come quelli che affidano a Onlus o a cooperative l’individuazione di soggetti più fragili per offrire loro formazione e inserimento lavorativo. Soggetti da cercare e da riportare “a vivere”, come ha detto di sé uno di loro. Questo lavoro è stato svolto con grande impegno e passione e ha tracciato una strada sulla quale non si può tornare indietro. A esempio, con l’Avviso 6/2011 – “Progetti innovativi integrati per l’inclusione sociale di persone svantaggiate” sono stati attivati progetti di inclusione sociale per soggetti in condizioni di svantaggio economico-sociale (detenuti, ex detenuti, persone diversamente abili, tossicodipendenti, ex tossicodipendenti, ragazze madri, ecc) attraverso percorsi integrati (orientamento,   formazione,   accompagnamento,  collocamento   mirato) di inserimento e   reinserimento   socio-lavorativo   e   attivazione   forme   di   tutoraggio individuale. Il numero aggiornato delle persone coinvolte che hanno concluso le attività di progetto o che stanno completando le attività è di oltre 1.000 persone e il 20% ha già trovato occupazione.

Le giunte Vendola hanno assunto il lavoro quale “valore dei valori”, principio di riferimento delle proprie politiche. La deriva liberista degli ultimi 20 anni ha visto applicare, in campo nazionale, politiche di devastazione del diritto del lavoro. Ne sono l’esempio la progressiva deregolamentazione del mercato del lavoro che ha spinto verso l’individualizzazione dei rapporti di lavoro e la precarietà, determinando condizioni di profondo disagio sociale.
Per tutte queste ragioni la Regione Puglia ha adottato provvedimenti che hanno aggredito tre versanti: la lotta al lavoro sommerso e l’incentivazione e il sostegno all’emersione, lo sviluppo di politiche attive per il lavoro fortemente innovative e politiche di inclusione sociale attraverso il lavoro, infine la stabilizzazione del lavoro precario e l’arginamento delle politiche di flessibilità.

La Legge Regionale 28/2006 “Disciplina in materia di contrasto al lavoro non regolare” ha dichiarato guerra al lavoro nero, aprendo le porte alla prima convenzione con la Guardia di Finanza per interventi mirati a contrastare il sommerso. La legge ha portato – nel 2014 – alla sottoscrizione del primo protocollo in Italia tra la Regione, le prefetture e tutti gli istituti ispettivi e forze di polizia per la costituzione di una task force inter-istituzionale che, operativa su tutto il territorio pugliese, ha individuato circa 2000 situazioni di lavoro nero.
Grazie alla Legge Regionale 28/2006 è stato possibile attivare misure di sostegno all’emersione, promuovendo bandi di incentivazione alla denuncia dei lavoratori non assicurati, al fine di offrire stabilità del lavoro. Tra questi bandi, con un impegno di spesa di circa 3 milioni di euro, è da evidenziare l’avviso per l’emersione del nero nel settore del turismo, al quale hanno aderito numerose aziende del comparto e che ha permesso la regolarizzazione di 620 lavoratori.

Terzo aspetto della Legge è l’adozione dei cosiddetti “indici di congruità”, che hanno reso possibile valutare la congruità del rapporto tra attività svolta, caratteristiche aziendali e numero dei lavoratori occupati e quindi contestare le eventuali possibili iniquità. Le sanzioni previste possono giungere alla sospensione, o addirittura alla revoca, di ogni contributo pubblico, anche comunitario, a quelle aziende evidentemente smascherate e dedite al lavoro sommerso, o peggio ancora alla riduzione in schiavitù dei lavoratori, in particolare migranti.
A completamento di questo percorso, nel 2014, abbiamo introdotto il marchio “Puglia di qualità” di cui potranno fregiarsi tutte le aziende che volontariamente vi aderiranno, dimostrando il rispetto del protocollo etico che prescrive la piena applicazione dei contratti nazionali di lavoro e di tutte le norme sulla sicurezza e della difesa della dignità umana e del lavoro.
È stata, inoltre, introdotta la cosiddetta clausola di salvaguardia sociale che vincola le aziende che si aggiudicano gli appalti messi a bando dalla Regione Puglia e da tutte le società ed enti partecipati o emanazione della stessa Regione, all’assunzione dei lavoratori già impegnati nelle medesime attività, questo a tutela del mantenimento delle professionalità e della continuità lavorativa.
Nel 2011, come risposta forte alla perdita del lavoro e alla disoccupazione, è stato varato un Piano Straordinario per il Lavoro.
Il Piano ha impegnato risorse per quasi 500 milioni di euro, coinvolgendo circa 115mila destinatari. Tra le misure da menzionare, il progetto “welfare to work” che ha coinvolto circa 20mila disoccupati immessi in percorsi di formazione e riqualificazione professionale per accrescerne l’occupabilità, percependo, al contempo un’indennità di frequenza.
Oppure il progetto ROSA, sviluppato con l’obiettivo di facilitare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro nell’ambito della cura domiciliare, grazie a un impegno di oltre 4 milioni di euro, ha coinvolto circa 3000 lavoratrici e 800 nuclei familiari.
Grazie alla misura dote occupazionale, con un impegno di 20 milioni e con l’obiettivo di incentivare fortemente l’assunzione a tempo indeterminato da parte delle imprese operanti sul territorio regionale di soggetti svantaggiati del mercato del lavoro, hanno trovato impiego stabile ben 1068 persone mentre, con la misura Credito d’Imposta, che ha inteso agevolare l’occupazione stabile mediante la concessione di un credito di imposta per l’assunzione nella regione Puglia dei soggetti più deboli, sono state assunte 613 donne e uomini.
Siamo intervenuti anche a tutelare i lavoratori in mobilità, garantendo per 5 anni 240 milioni di euro all’anno, per rimpinguare il fondo della cassa integrazione in deroga. Grazie a queste risorse abbiamo garantito a circa 20mila lavoratori all’anno, altrimenti privi di qualsivoglia ammortizzatore sociale, un reddito certo.
È stato inoltre promosso il Piano Straordinario per i Percettori di Ammortizzatori Sociali in Deroga e Percettori di Sostegno al Reddito, con un finanziamento complessivo di 62milioni di euro.
Si tratta di un insieme di misure con la finalità di promuovere l’aggiornamento e il potenziamento delle competenze dei lavoratori percettori di Ammortizzatori Sociali in deroga. Le misure previste sono due: sostegno al reddito, un’azione pensata per sopperire alle sempre minori risorse garantite dallo Stato italiano per gli ammortizzatori sociali in deroga, è stata realizzata per il tramite dell’INPS, novità assoluta in Italia, che ha erogato per nome e per conto della Regione a circa 4000 pugliesi l’indennità di frequenza a corsi di riqualificazione professionale ad hoc.
L’ONU ha segnalato “Sostegno al reddito” per un premio speciale affinché la buona pratica possa essere mutuata dagli altri paesi membri. L’altra azione ha riguardato l’aggiornamento delle competenze professionali dei lavoratori disoccupati totalmente privi di qualsivoglia misura di sostegno al reddito.
Sono stati avviati a formazione altri 36mila lavoratori ex percettori di mobilità o di cassa in deroga.
I lavoratori sono chiamati dai Centri per l’impiego e dalla Agenzie per il lavoro abilitate dal Ministero del lavoro, realizzando nei fatti una sperimentazione di sinergia tra pubblico e privato. Alla data odierna sono andati a formazione 17.602 lavoratori per una spesa complessiva di 21milioni di euro. Il finanziamento complessivo per la formazione ammonta a 40 milioni di euro.

Abbiamo rivolto una particolare attenzione anche alle piccole e microimprese, quelle più esposte alla crisi, alla mancanza di liquidità e alla mancanza di aiuti da parte degli istituti di credito. Abbiamo per questo attivato con un fondo di 53 milioni di euro, il Microcredito d’Impresa, cioè un prestito che la Regione Puglia concede alle microimprese pugliesi già esistenti che non riescono ad ottenere un finanziamento dal sistema bancario per realizzare nuovi investimenti.
Nel 2014 abbiamo introdotto i Cantieri di Cittadinanza e il Lavoro Minimo di Cittadinanza. I Cantieri di Cittadinanza durano da 6 a 12 mesi, con un’indennità per il partecipante di 23 euro a giornata (max 500 euro al mese). Per l’attuazione della misura sono state impegnate risorse per 4 milioni di euro. I cantieri possono essere promossi dai Comuni, da organismi pubblici, da imprese e organizzazioni del Terzo Settore, a integrazione – e non in sostituzione – di attività di produzione di servizi o di manutenzione del patrimonio pubblico. Possono beneficiare di un cantiere le persone disoccupate da almeno 12 mesi, gli inoccupati e le persone in condizione di specifiche fragilità sociali come disabili, ex detenuti e donne sole.

Il Lavoro Minimo di Cittadinanza è invece rivolto ai percettori di ammortizzatori sociali, anche in deroga. Grazie al Lavoro Minimo di Cittadinanza i Comuni, singoli o associati, che promuovono Cantieri potranno accogliere, per la loro ricollocazione, le persone in cassa integrazione anche in deroga che sosterranno una specifica attività, coerente con il rispettivo profilo professionale. Per il Lavoro Minimo di Cittadinanza, già sottoscritto da 58 sindaci del Salento, dai sindaci delle province di Bat, Brindisi, Foggia e Taranto, sono a disposizione risorse per 7,5 milioni di euro.
Dal 20 aprile oltre 5000 pugliesi potranno essere impegnati in lavori di pubblica utilità.
Qualche cenno anche a come il governo regionale ha voluto modificare il piano Garanzia Giovani varato dal governo: è stato scelto di incentivare esclusivamente il lavoro a tempo indeterminato, perché il lavoro a tempo determinato non ha bisogno di sostegno, se il 77% dei nuovi rapporti di lavoro avviene sotto forme precarie.
Garanzia Giovani in Puglia prevede bonus occupazionali – sotto forma di diminuzioni del costo del lavoro – fino a 6.000 euro per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, ma anche l’attivazione di tirocini, la cui indennità di partecipazione in favore del tirocinante è sostenuta dalla Regione Puglia fino a 500,00 € mensili, per una durata da 6 a 12 mesi, fino a un tetto complessivo di € 3.000,00.
Questo lavoro si è ben integrato con la formazione professionale.
Avevamo trovato un settore in cui la formazione conveniva a chi la faceva e non ai destinatari.
Un nuovo sistema di accreditamento degli enti di formazione, aperto a tutti ma rigoroso nella richiesta e nel controllo dei requisiti. La ridefinizione del repertorio delle figure professionali, e di nuovi profili, così come richiesti dal sistema produttivo.
Obiettivo di questa innovazione – perseguito insieme dagli assessorati al Lavoro e alla Formazione – è quello di una radicale riforma delle politiche attive del lavoro, per promuovere e favorire la collocazione e la ricollocazione nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle lavoratrici colpiti dalla crisi.

Infine, l’intensa attività della Task Force regionale per l’occupazione, creata ad hoc dalla Presidenza per la difesa del lavoro, durante questo periodo di crisi. La Task Force si è occupata delle principali e più gravi vertenze aziendali nel sistema produttivo pugliese.

1. NATUZZI – Il piano degli interventi ha previsto l’attivazione dei seguenti interventi: dei 1750 esuberi, ad oggi sono usciti solo i volontari attraverso l’esodo incentivato. 800 lavoratori sono in contratto di solidarietà e circa 500 in cassa integrazione a zero ore. Scongiurati i licenziamenti.

2. ANSALDO – Il tavolo ministeriale ha sancito la decisione che si passa da dismissione stabilimento al rilancio nuova produzione di altro materiale e piano investimenti per industrializzazione attività di ricerca legate alla produzione del gruppo Sofinter sempre a Gioia.

3. MIROGLIO – Dei 180 lavoratori rimasti, una parte sono interessati al piano di reclutamento conseguente alla reindustrializzazione degli stabilimenti. In attesa della istruttoria VIA, si realizzerà un’attività di riciclo posta. Per la Miroglio si è sperimentata la cessione degli immobili al Comune. Altre 2 manifestazioni di interesse sono in corso di valutazione.

4. AGILE EX EUTELIA – Si è avviato un percorso a valere sulle risorse del piano straordinario del lavoro, che prevede: attività di formazione, formazione on the job nell’ambito degli Uffici giudiziari e successivi tirocini di ricollocazione nell’ambito dell’intervento regionale Smart Giustizia

5. OM Carrelli – Appena concluso accordo per cessione immobili zona industriali al Comune di Modugno. In corso le istruttorie in merito alle manifestazioni di interesse (ben 4) per la reindustrializzazione.

6. ENTI FORMAZIONE PROFESSIONALE ENAIP – Avviata riforma enti. Tutti i lavoratori ex Enaip sono stati ricollocati. I lavoratori sono stati accompagnati alla pensione o ricollocati in altri enti di formazione per progetti. Gli ultimi 29 sono stati reinseriti proprio pochi giorni fa grazie all’intesa sottoscritta.

7. BRIDGESTONE – I 900 lavoratori sono stati messi in sicurezza con il nuovo piano industriale e con l’accompagnamento all’esodo. La fabbrica è in produzione.

8. MARCEGAGLIA BUILDTECH – Il piano di reindustrializzazione presentato da Otlec per la produzione di caldaie prosegue, con l’impegno alla riassunzione di tutti i 100 operai.

9. BARI FONDERIE MERIDIONALI BFM – Appena ripartita la colata di manganese e la produzione. Dissequestrata l’area considerata inquinata. Conservazione del posto di lavoro per i circa 100 del personale. Continuità aziendale.

10. SANGALLI – Si è riusciti a arrivare al concordato preventivo in bianco per traguardare la continuità aziendale e preservare il posto di lavoro per 400 persone, dopo 3 mesi di presidio dei cancelli. L’azienda ha chiesto la CIGS per il personale.

11. CCR – Tutta la restante platea che abbia i requisiti può accedere ai tirocini formativi. Con la legge regionale omnibus in approvazione, si impegnano le Asl e le Sanitaservice, compreso il Policlinico di Bari, ad assumere personale cat. A/B dalla platea ex CCR, previa sottoscrizione protocollo intesa.

12. VESTAS – Chiusa la Vestas Nacelles (motori eolici), tutti i 120 operai sono stati prima in CIG, poi in mobilità e poi riassunti presso la VESTAS BLADES (pale eoliche), stesso gruppo.

13. TAC SALENTO – Per ora – dopo dieci anni dall’inizio della vertenza – i lavoratori sono ancora tutti in cassa integrazione straordinaria, anche grazie alla progressiva presentazione di piani industriali. 160 lavoratori della Filanto sono stati riassunti per la produzione dalla Leo Shoes e per altri è in corso la procedura di assunzione.