Tre temi per il domani: agricoltura, acqua, ambiente

A ottobre del 2011 viene stimato che sulla terra siamo oltre 7 miliardi. Il ritmo di crescita della popolazione è elevato, se si pensa che in soli 50 anni il numero di persone nel mondo è raddoppiato.
Un risultato storico, certamente, ma che apre interrogativi importanti sul futuro delle risorse naturali nel pianeta e sul loro corretto utilizzo, considerato che le stime prevedono che la popolazione mondiale possa arrivare a sfiorare i 10 miliardi nel 2050.

Ci sono cibo e acqua a sufficienza per tutti?

Il cibo, l’acqua, la terra, il territorio, diventano così risorse di primaria importanza e la loro tutela diventa oggi più che mai il fulcro delle politiche dei governi di tutto il mondo, che continuano a interrogarsi su come ridistribuire in maniera corretta le risorse presenti.
A partire da qui, da questa rinnovata consapevolezza dell’importanza fondamentale del cibo, dell’acqua e dell’ambiente, affrontiamo l’importante capitolo delle politiche per l’agricoltura, per l’acqua e per l’ambiente di questi dieci anni.
Abbiamo trovato una regione con grandi potenzialità, ma con un sistema produttivo agricolo poco coeso e “cooperante”, con modeste relazioni all’interno delle filiere, con una forte senilizzazione dell’imprenditoria agricola, con notevoli margini di sviluppo dell’export agroalimentare, non pienamente consapevole della sua capacità di produrre beni pubblici.

Noi abbiamo avuto da subito l’ambizione e l’intuizione di rendere l’agricoltura l’architrave dell’economia della nostra regione, puntando sulle tecnologie, sull’innovazione, sull’intraprendenza giovanile e sui prodotti di qualità che la nostra terra offre da secoli.
In un contesto complesso, sia in termini di crisi economico finanziaria globale che di carenza di risorse pubbliche di fonte nazionale e regionale, abbiamo operato su due direttrici.
La prima, quella degli investimenti, basata di fatto sul più potente e regolato strumento di sostegno alla crescita dell’agricoltura e dei territori rurali: il Programma di Sviluppo Rurale. Si può dire anche che si tratta dell’unica fonte di finanziamento, considerata la bassissima attenzione data dalle politiche nazionali all’agroalimentare.
La seconda delle direttrici, quella senza portafoglio ma a enorme valenza di indirizzo, concretizzatasi nelle Leggi sull’agriturismo, sulle Masserie didattiche, sui Boschi didattici, sulla Cooperazione, sui Consorzi di Bonifica, sui Gruppi di Acquisto Solidale, sulla Biodiversità. A queste si aggiunga l’ulteriore impulso al Marchio Prodotti di Qualità Puglia, il sostegno alla ricerca in agricoltura, l’impulso al comparto vitivinicolo.

Con una intelligente e mirata impostazione e gestione dei fondi, siamo riusciti a fare entrare in agricoltura con un ruolo da protagonisti circa 2.000 giovani – in gran parte donne – alla guida di aziende innovative e dinamiche fornendo loro sostegno pubblico per circa 250 milioni di euro.
Poi abbiamo stimolato le aggregazioni attraverso i Progetti Integrati di Filiera, vero e proprio esperimento di collegamento e collaborazione tra produzione e trasformazione. L’impegno profuso sembra restituire risultati interessanti.

Anche l’ambiente ha goduto di grande attenzione. Seguendo un percorso storico, sono stati erogati oltre 200 milioni di euro a sostegno degli agricoltori biologici. Siamo così passati dagli 87.000 ettari e 3.400 imprenditori biologici del 2004 ai 181.000 ettari e 6.700 imprenditori biologici del 2013. Numeri che, oltre a parlare da soli, consentono alla Puglia di essere la seconda regione italiana per superficie e la terza per operatori. Tra i pochi in Europa, abbiamo concesso un aiuto agli imprenditori agricoli operanti nelle aree Natura 2000.

Massimo è stato l’impegno per la partecipazione delle comunità locali a processi di sviluppo, come dimostrato dai 25 Gruppi di Azione Locale – operativi di fatto su tutto il territorio regionale – con circa 285 milioni di euro di risorse disponibili e quasi pienamente utilizzate, per fare in modo che le comunità sviluppassero uno stile di vita, nuovamente sintonizzato con le campagne, con le aree rurali e con la loro storia.
Lo sforzo normativo e regolamentare, come detto, è stato notevole.
Vanno assolutamente menzionati alcuni casi: abbiamo realizzato la Legge sui Gruppi di Acquisto Solidale. Si tratta di una svolta epocale nelle relazioni tra produzione e consumo che – grazie alla restituzione di centralità agli imprenditori e ai cittadini – libera la filiera commerciale dal parassitismo di intermediazioni inutili e favorisce, anche nella ristorazione collettiva, l’utilizzo di prodotti a km zero, da filiera corta e di qualità.
Una diversa visione del ruolo dell’agricoltura e delle relazioni tra questa e i cittadini è alla base dell’impegno sul tema delle Masserie Didattiche. Dal 2005 ad oggi, ricordiamolo, ne sono state riconosciute ben 146, valore di assoluto rilievo nel panorama nazionale. Tra queste, è bello ricordarlo, c’è la “Antonio Facenna” di Carpino (Fg), masseria didattica dedicata al giovane proprietario scomparso durante la grave calamità alluvionale che ha colpito tutto il Gargano nei mesi scorsi.

Molteplici i ruoli che le masserie didattiche hanno assunto nel corso degli anni nella nostra regione, non solo nel contesto locale ma anche in quelli nazionale ed internazionale: la presenza omogenea sul nostro territorio fa sì che oltre a poterne usufruire come luogo naturale di apprendimento (con i molteplici percorsi didattici che ogni masseria ha attivato), esse rappresentino un ampio momento di valorizzazione del territorio non solo in merito alla conoscenza dei prodotti tipici e dei metodi di produzione e trasformazione degli stessi, ma anche della “cultura” che esse testimoniano e veicolano che raccoglie anche le tradizioni immateriali e la storia della nostra regione.

Abbiamo lavorato molto anche sui Consorzi di Bonifica. I Consorzi di Bonifica pugliesi rappresentano non solo i soggetti gestori della risorsa irrigua, ma anche i manutentori del sistema della bonifica pugliese, attraverso il mantenimento dell’efficienza della rete dei canali di bonifica, cruciale per difendere il territorio da eventi atmosferici sempre più estremi. Su questa considerazione il Governo regionale ha deciso da subito di mantenere in essere i Consorzi di Bonifica, in un processo certo non facile, avendo ereditato la sospensione del contributo di bonifica. Le mancate entrate hanno privato quattro Consorzi di bonifica su sei (Arneo, Stornara e Tara, Terre d’Apulia e Ugento Li Foggi) delle risorse economiche rivenienti dalla riscossione dei ruoli, aggravandone la situazione finanziaria, fino al commissariamento di nomina regionale.

La ferma volontà di procedere alla riforma del “sistema consorzi”, si è concretizzata nella legge regionale n. 12 del 2011 – che prevede il ripristino dell’autofinanziamento dei Consorzi commissariati – e nella legge regionale n. 4 del 2012, “legge quadro” che, in questo ambito normativo fortemente innovato, prevede la ripresa del pieno autogoverno dei Consorzi di bonifica.
La scelta si è rivelata quella giusta.
Grazie alla Legge 4 del 2012 sono stati portati a termine importanti ammodernamenti del sistema dei Consorzi (che nel frattempo hanno in dirittura d’arrivo i Piani di risanamento), ed è stata approvata dalla Giunta regionale una nuova perimetrazione che prevede tre soli comprensori di bonifica. Possiamo affermare ch siamo quindi nella direzione dell’efficientamento del sistema che consentirà, la piena autonomia del Consorzi ed una certa ed efficace ‘messa in sicurezza’ dell’intero territorio regionale.
Tutto questo lavoro si è concretizzato in risultati davvero degni di nota, che hanno portato la Puglia, la sua agricoltura e la sua cultura enogastronomica all’attenzione dei maggiori operatori internazionali.

Un caso su tutto: il vino.
Nel periodo 2005-2015 vi è stata una forte razionalizzazione della vitivinicoltura pugliese. Si sono infatti contratte le superfici (- 20%) per l’estirpazione di vigneti finalizzati a produrre vini generici, mentre rimane inalterato lo zoccolo duro della viticoltura di qualità, rigenerata da nuovi impianti vocati alla produzione di vini a D.O.
Ne è conseguito un aumento della qualità dei vini pugliesi resa evidente dal peso della produzione dei vini a Denominazione di Origine (DOC + IGT), giunti al 50% del totale dal 28% di partenza. Si registra, contestualmente, un notevole calo della produzione dei vini da tavola generici, passati dal 67% al 33% della produzione vitivinicola regionale.
La politica regionale in questo settore è stata determinante per aver creduto fermamente all’aumento della rivendicazione di vini DOCG, DOC e IGT, alla riqualificazione delle denominazioni presenti in Puglia, alla innovazione degli impianti viticoli atti all’introduzione delle operazioni colturali e di raccolta meccanizzata, alla valorizzazione dei vitigni autoctoni.
Un contributo notevole è stato offerto dall’attuazione delle misure dell’OCM vino (Misure di Ristrutturazione e Riconversione vigneti, Promozione sui Paesi Terzi e Investimenti) che hanno consentito di erogare in un decennio oltre 100 milioni di euro di contributi, permettendo l’ammodernamento degli impianti viticoli (circa 15.000 ettari di superficie ) e un miglioramento della qualità con la riscoperta di vitigni autoctoni quale valore aggiunto alla produzione di vini di eccellenza.
Non ultimo, il processo di innovazione e rinnovamento delle cantine pugliesi con la realizzazione di numerosi punti vendita, showroom e sale degustazione finalizzati a promuovere e far conoscere i vini pugliesi non solo in ambito regionale ma soprattutto nazionale ed internazionale.

Vale la pena evidenziare il grande successo del concorso nazionale dei vini rosati, autorizzato dal Ministero dell’agricoltura e giunto quest’anno alla sua quarta edizione. Il concorso è nato a tutela e valorizzazione di questa tipicità enoica di cui la puglia rappresenta il maggior produttore italiano con il 40 percento della produzione nazionale.

Per premiare i migliori produttori, abbiamo introdotto il marchio “Prodotti di Qualità Puglia”. Un marchio che viene riconosciuto ai prodotti alimentari di origine vegetale e di origine animale (inclusi i prodotti ittici) e florovivaistici, con specificità di processo e di prodotto e aventi caratteristiche qualitativamente superiori alle norme di commercializzazione correnti, in termini di sanità pubblica, benessere degli animali, tutela ambientale e caratteristiche specifiche di produzione.

In aggiunta ai temi della qualità, la Regione Puglia ha voluto garantire anche la sostenibilità dei prodotti. Nell’ambito della sostenibilità delle produzioni grande rilievo è stato dato all’eticità. Oggi il regime di qualità della puglia è uno dei pochi che garantisce, a carattere volontario, oltre alla qualità e tracciabilità delle produzioni agroalimentari anche l’eticità del lavoro che è stato utilizza per le produzioni.

Qualche numero: la Puglia rappresenta una delle principali regioni agroalimentari italiane. Con un valore della produzione che nel 2013 si è attestato a 4,5 miliardi di euro, la Puglia pesa sul corrispondente valore agricolo nazionale per l’8% e per ben il 35% su quello del Mezzogiorno. Rispetto al 2004, il valore della produzione agricola pugliese è cresciuto del 6%, ben oltre a quanto ottenuto dall’agricoltura del Mezzogiorno, aumentata di appena l’1,2%.
Anche sul fronte del valore aggiunto, l’agricoltura pugliese evidenzia un ruolo di primo piano a livello nazionale e in particolare nel Mezzogiorno d’Italia: l’incidenza è infatti pari al 9% sul totale del Paese e del 34% sull’area meridionale.
Ma è sicuramente sul fronte delle esportazioni agroalimentari che la Puglia ha brillato in quest’ultimo decennio. A fronte di un mercato interno provato dalla peggior crisi economica dal dopoguerra ad oggi, l’agroalimentare pugliese è riuscito ad aumentare sensibilmente il proprio livello di internazionalizzazione, passando da 758,4 milioni di euro di export del 2004 a ben 1.395,6 milioni di euro nel 2013, evidenziando così una crescita dell’84%.

La difesa dell’acqua non è una battaglia ideologica. La Regione Puglia ha regolamentato tutto il settore legato all’uso ed al risanamento delle acque. La tematica assume particolare importanza soprattutto per le risorse idriche di falda, fortemente minacciate dall’intrusione marina che da tempo gioca un ruolo non di poco conto sul nostro territorio.
Abbiamo con tenacia e pazienza rimesso in piedi il nostro Acquedotto Pugliese, ridotto in condizioni pietose ed esposto ai venti cattivi della privatizzazione: abbattimento delle perdite fisiche con lo svolgimento dei lavori di manutenzione e riparazione della rete, abbattimento delle perdite amministrative con il cambio dei contatori e la nuova regolazione dei rapporti con gli utenti morosi, ammodernamento tecnologico, presa in gestione diretta del ciclo della depurazione.
Oggi l’Acquedotto Pugliese dà da bere e non da mangiare ed è una delle più sane aziende pubbliche di Europa.
Abbiamo lavorato molto anche sulla qualità delle acque. L’Amministrazione Regionale si è posta l’obiettivo strategico di tutelare e riqualificare il sistema delle acque superficiali e sotterranee presenti sul territorio, secondo una strategia che ha inteso affiancare alle tradizionali politiche infrastrutturali (adeguamento degli acquedotti, creazione di nuovi invasi, realizzazione e/o adeguamento di impianti di depurazione, reti di fognatura, reti pluviali,…) nuove e moderne politiche tendenti alla promozione di una cultura mirata alla conservazione e al risparmio dell’acqua.
Una delle cause del deterioramento della qualità delle falde è legata ad un forte cambiamento della produzione agricola che, negli ultimi venti anni, ha visto una forte espansione delle colture che richiedono molta acqua; questo ha determinato una forte richiesta di acqua, che è stata recuperata proprio dalle falde.
Ecco perché il Piano di Risanamento delle Acque punta soprattutto a salvaguardare le acque sotterranee mediante una più rigorosa regolamentazione per il rilascio di nuove concessioni. È necessario, quindi, ricercare nuove fonti di approvvigionamento facendo ricorso all’utilizzo delle acque reflue depurate, alla realizzazione di dissalatori ed al completamento degli schemi idrici interregionali (Sinni, Ofanto e Fortore).
Si è provveduto, inoltre, a dare attuazione alla Direttiva comunitaria 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.
La direttiva in questione evidenzia che i nitrati di origine agricola sono la causa principale dell’inquinamento proveniente da fonti diffuse e, per tutelare la salute umana, le risorse viventi e gli ecosistemi acquatici e per salvaguardare altri usi legittimi dell’acqua è necessario ridurre l’inquinamento idrico causato o provocato da nitrati provenienti da fonti agricole ed impedire un ulteriore inquinamento di questo tipo.
A tal fine, per quanto di competenza, la Regione Puglia ha operato attivando il Sistema di Monitoraggio Qualitativo e Quantitativo dei corpi idrici Sotterranei della Puglia, nell’ambito del quale sono individuati punti acqua (pozzi e sorgenti) sui quali effettuare i controlli previsti dalla normativa e in particolare relativi alla presenza dei composti azotati; ha provveduto alla individuazione e perimetrazione delle zone vulnerabili da nitrati; ha conseguentemente approvato il “Programma d’ Azione per le Zone Vulnerabili da Nitrati”, della Regione Puglia, che prevede le misure necessarie a evitare l’inquinamento.
Poi ci si è attivati per il trattamento delle acque reflue urbane: la normativa prevede che gli agglomerati urbani siano provvisti di rete fognaria entro scadenze temporali ben definite e che le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte prima dello scarico a opportuno trattamento depurativo secondo opportune modalità tempistiche. A tal fine è stata eseguita una ricognizione puntuale degli agglomerati presenti nel territorio pugliese, nonché delle infrastrutture a servizio degli stessi (impianti di depurazione, reti di fognatura, …) attivando finanziamenti per i relativi interventi di adeguamento/ampliamento, per un importo, complessivo di circa 160 milioni di euro. Alla prima caratterizzazione territoriale degli agglomerati urbani, operata nel 2006, è seguita un’attività di aggiornamento che ha portato alla recente definizione degli stessi, con l’inclusione degli agglomerati costieri, con l’obiettivo di tutelare al meglio le nostre risorse idriche e di salvaguardare gli interessi turistici della nostra regione.
Allo stato, per tutti gli impianti sono stati individuati i recapiti a norma, e sono stati realizzati e/o sono in corso di ultimazione, i relativi interventi di adeguamento.

Gli interventi a tutela dell’acqua sono stati molteplici e hanno avuto importanti ricadute positive: pensiamo agli interventi per l’adeguamento delle infrastrutture di approvvigionamento primario. In
particolare assume rilevanza, tra gli interventi attivati ed in via di conclusione, il lavoro di telecontrollo mirato alla attività di recupero delle perdite fisiche dell’acqua. Il complessivo sistema idrico principale è stato dotato di un sistema informativo per il controllo con l’impiego di circa 3.000 sensori per il controllo di oltre 550 impianti. Ciò ha consentito recuperi importanti.
Fra i più importanti interventi a tutela delle acque, va certamente annoverato l’impianto di fitodepurazione di Melendugno. La fitodepurazione è un processo autodepurativo naturale che avviene nelle zone umide naturali – ecosistemi ad elevata produttività biologica – in grado di “abbattere” il carico organico degli inquinanti. Gli impianti di fitodepurazione sono spesso definiti “naturali” perché consistono nella riproduzione artificiale e ingegnerizzata dei processi depurativi naturali – in una zona delimitata e costantemente monitorata – per ottenere il trattamento e la depurazione delle acque reflue, cioè quelle che provengono da attività domestiche, industriali e agricole.

Non può esserci cibo buono se non in condizioni ambientali salubri. Dieci anni fa la condizione sulle tematiche ambientali era una condizione di emergenza, i poteri straordinari erano in capo alla presidenza della Regione derogando alle localizzazioni e producendo un’emergenza non solo burocratica ma della democrazia con la quale si affrontavano le scelte in materia ambientale.
Negli ultimi dieci anni le politiche ambientali della regione puglia hanno subito una vera e propria mutazione genetica. Si è passati da una logica verticistica ed emergenziale con scelte calate dall’alto a una logica di approccio democratico e partecipato che esalta la voce dei territori.

Nei complessivi dieci anni del governo Vendola si è lavorato al superamento della condizione emergenziale e democratica operando scelte, con atti concreti di alta amministrazione, finalizzati al superamento della fase emergenziale nei comparti idrici e della gestione dei rifiuti, alla definizione di una governance ambientale nella quale a ciascun soggetto istituzionale è chiaramente attribuita competenza e responsabilità, allo sviluppo della cultura della condivisione e concertazione delle scelte che investono sul futuro dei territori.
Il primo aspetto da affrontare con decisione è stato quello dei rifiuti, visto che avevamo ereditato una situazione disastrosa, con la Puglia in piena emergenza, cui il vecchio governo regionale pensava di rispondere riempiendo tutta la regione con impianti di incenerimento di tal-quale.
All’indomani dell’elezione del 2005, il Presidente Vendola ha ereditato il ruolo di Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale per la gestione dei rifiuti della Regione Puglia. Ad aprile del 2005 ci si trovava in una condizione in cui era già stato definito l’assetto impiantistico necessario per lo smaltimento dei rifiuti urbani indifferenziato, le relative localizzazioni ed erano stati avviati e conclusi i bandi di gara per l’aggiudicazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti.
Pertanto nel 2005, operando una modifica monocratica al vigente piano di gestione dei rifiuti urbani, con proprio decreto, il Commissario Delegato ha stabilito di:

  • riformulare, in termini più ambiziosi, gli obiettivi della raccolta differenziata dei rifiuti;
  • escludere la realizzazione di termovalorizzatori alimentati con frazione secca o con rifiuto tal quale, a vantaggio dell’utilizzo del CDR;
  • dare priorità al recupero energetico attraverso la produzione di CDR, da utilizzare in via privilegiata in impianti di produzione di energia esistenti e, solo in via subordinata, in impianti dedicati appositamente realizzati;
  • confermare la configurazione territoriale dei 15 Ambiti Territoriali Ottimali per la gestione dei rifiuti urbani così come già definiti, in assenza di intervenute proposte migliorative dello stesso assetto.

Il periodo 2005-2007, pertanto, è stato caratterizzato da una intensa attività finalizzata alla realizzazione della nuova impiantistica prevista al fine di scongiurare possibili emergenze nel settore. In tal senso è solo il caso di ricordare che, nel corso del primo quinquennio del governo Vendola, vengono chiuse le discariche di Nardò, Altamura, Vieste e in questo periodo vengono realizzati e completati gli impianti di Ugento, Poggiardo, Cavallino, Conversano, Foggia, Bari, Cerignola, Deliceto e Manfredonia. È grazie a questa robusta rete impiantistica che viene ridotta, nel tempo, la quantità e la pericolosità dei rifiuti conferiti in discarica e che garantiscono alla Puglia una reale rete di protezione per ogni piccola emergenza che nel tempo viene a determinarsi. È oggettivo che la Puglia si sia distinta, negli ultimi dieci anni, per non essere stata caratterizzata da immagini di rifiuti per strada sul proprio territorio.

Il 31 gennaio 2007, viene dichiarata la cessazione dello stato emergenziale per il settore dei rifiuti urbani nella Regione Puglia, a seguito di specifica richiesta del Presidente della Regione Puglia al Dipartimento Nazionale della Protezione Civile. Da questo momento viene messa in campo dal governo regionale una imponente attività in campo economico per lo sviluppo delle raccolte differenziate e per la definizione di Piani d’Ambito moderni ed efficaci in grado di assicurare servizi che fossero all’altezza delle sfide imposte dai nuovi obiettivi sulle raccolte differenziate.

Gli anni successivi al termine della fase emergenziale sono caratterizzati da un importante evoluzione normativa nel campo della gestione dei rifiuti che culmina con la Legge n. 24 del luglio 2012 che restituisce un quadro organico per una moderna governance del ciclo dei rifiuti urbani.
La Regione Puglia è tra le prime in Italia a dotarsi di tale legge a seguito delle modifiche normative sui servizi pubblici locali, approvate dal Governo nazionale tra il 2011 e il 2012. Sul piano normativo altra novità fondamentale, funzionale allo sviluppo delle raccolte differenziate, è rappresentata dalle modifiche normative introdotte in materia di Eco Tassa. Tale norma regionale, introdotta a partire dal 2009, ma diventata cogente solo dal 2013, è basata essenzialmente su criteri di premialità a favore delle amministrazioni che sono allineate ai livelli di raccolta differenziata imposti dalla pianificazione attuale. Tale assetto normativo, insieme al sostegno economico posto in campo da parte della Regione Puglia e dalla capacità operativa di buona parte delle amministrazioni locali, ha consentito alla Regione di traguardare gli attuali livelli di raccolta differenziata che superano, a livello regionale, il valore complessivo del 30%, con punte di eccellenza di oltre il 50% per le provincie di Brindisi e B.A.T.

Il punto più alto della vita amministrativa dell’ultimo decennio, in tema di gestione dei rifiuti urbani, è sicuramente dato dall’approvazione, da parte del Consiglio Regionale, il 15 ottobre del 2013, del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani.
Si tratta del primo piano nella storia della Regione Puglia approvato a valle di un lungo processo partecipativo durante il quale ciascun portatore di interesse, enti locali, associazioni, soggetti privati e singoli cittadini, ha avuto la possibilità di esprimere le proprie osservazioni.
Il Piano si prefigge i seguenti obiettivi: riduzione della produzione dei rifiuti e incentivazione all’uso di materiali duraturi; recupero della materia attraverso la differenziazione dei rifiuti con un obbiettivo del 65% di raccolta separata alla fonte; riduzione dei conferimenti in discarica a percentuali residuali di rifiuti (inferiore al 10%); rafforzamento di tutte le filiere produttive in grado di valorizzare all’interno del proprio ciclo produttivo le frazioni dei rifiuti rinvenienti dalle raccolte differenziate.

L’impegno per l’ambiente si è concentrato anche sul risanare e disinquinare. Nei 10 anni di governo sono stati fatti enormi sforzi nella direzione di disinquinare e risanare territori martoriati.
La Puglia ha investito centinaia di milioni di euro nella bonifica di aree fortemente compromesse e interessate da inquinamenti storici, si è dotata di un moderno piano di monitoraggio della qualità dell’aria, ha introdotto, prima in Italia, norme moderne per la tutela del patrimonio degli ulivi monumentali, delle cavità carsiche presenti sul territorio, ha preservato importanti aree creando diversi parchi naturali regionali.

Nel settore delle Bonifiche sono stati investiti centinaia di milioni di euro per il disinquinamento di siti contaminati anche al fine di favorire processi di reindustrializzazione di aree degradate. Per citare alcuni esempi: la messa in sicurezza di emergenza dell’area Fibronit di Bari caratterizzata dalla presenza di amianto; la bonifica e messa in sicurezza delle discariche di Manfredonia, oggetto di una condanna da parte della Commissione Europea per i ritardi accumulati dalle amministrazioni italiane; l’intervento sulla falda del SIN di Brindisi e della discarica di Micorosa; i primi interventi sul SIN di Taranto (Falda, Zona PIP di Statte e Mar Piccolo) finanziati con risorse regionali per oltre 100 milioni di euro. Su quest’ultimo punto è bene rammentare che la Regione ha finanziato gli interventi e ha coordinato l’avvio della fase esecutiva a partire dal 2012 e fino al 2014.
In tema di tutela della qualità dell’aria la Puglia ha fatto passi da gigante negli ultimi anni.
Insieme ad ARPA Puglia è stato costruito un sistema moderno ed è stato adeguato il piano regionale alle previsioni della recente normativa nazionale (d.lgs.155/10).
Grazie a questa attività di monitoraggio, sono state rilevate criticità territoriali e, nel tempo, si è provveduto ad approvare specifici programmi finalizzati al superamento di dette criticità. In particolare, nel 2012 e nel 2014, sono stati approvati i piani di risanamento per Taranto e Torchiarolo per garantire il rientro a valori ammissibili di pericolosi inquinanti quali PM10 e benzo(a)pirene.
Sono state inoltre proposte e approvate normative fondamentali per incrementare i livelli di tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini in tema di emissioni nocive.

È solo il caso di ricordare:

  • la legge regionale antidiossina, la n. 44 del 2008 “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio: limiti alle emissioni in atmosfera di policlorodibenzodiossina e policlorodibenzofurani”. Proposta dal Governo e approvata dal Consiglio regionale, la legge rappresenta, ancora oggi, un unicum nel panorama nazionale e obbliga i soggetti che operano sul territorio pugliese, ad adeguarsi a limiti più stringenti rispetto a quelli previsti dalla norma nazionale;
  • la legge regionale n. 3 del 28 febbraio 2011, meglio nota come legge anti benzo(a)pirene. Tale norma impone un intervento immediato da attuare in caso di superamento del limite di emissione (obiettivo di qualità). Anche tale norma è proposta dal Governo regionale ed approvata dal Consiglio regionale all’unanimità;
  • la legge regionale n.21 del 24 luglio 2012 “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate a elevato rischio ambientale”, con la quale è stato introdotto, per la prima volta nella storia normativa italiana, il concetto di danno sanitario. Tale norma ha rappresentato un vero e proprio cambio di paradigma: al centro è posta la tutela dell’ambiente e della salute dell’individuo e anche i livelli produttivi e le attività industriali devono adeguarsi a tali primarie esigenze.

La Regione Puglia resta dunque l’unica regione italiana ad avere introdotto, nel proprio ordinamento, specifiche norme a tutela della salute e dell’ambiente indicando valori limite più stringenti di quelli imposti dalla normativa nazionale.
Una menzione particolare va fatta sul tema dell’energia. Si è già scritto degli importanti investimenti della Regione per lo sviluppo di fonti rinnovabili. Assieme allo sviluppo delle fonti rinnovabili, la regione Puglia, coerentemente con il proprio PEAR, ha sostenuto le iniziative finalizzate alla riduzione degli sprechi energetici, all’efficientamento degli edifici e dei processi produttivi, alla modernizzazione delle reti e delle infrastrutture.

Infine, la Puglia si è distinta, nell’ultimo decennio, per l’ostinata contrarietà alle ricerche e sfruttamento degli idrocarburi al largo delle coste pugliesi. Decine sono stati i parei negativi di valutazione di impatto ambientale espressi dalla giunta regionale a tali iniziative, di competenza definitiva dello Stato.