Inizia un’era di partecipazione e comunicazione

Non è un caso che questa storia inizi con l’invenzione di una delle più importanti e rivoluzionarie piattaforme del web, Youtube, che ha modificato in maniera profonda le possibilità di fruizione dei contenuti audio e video, offrendo possibilità di partecipazione diretta agli utenti, liberandone energie e idee, promuovendo la condivisione e la diffusione di contenuti.

Tutti protagonisti. È l’inizio di una nuova era.
Nel 2005 la Puglia era molto diversa da come è oggi.
Innanzitutto, era un terra abbandonata nel cono d’ombra di un Mezzogiorno perennemente in difficoltà, senza alcuna proiezione in chiave nazionale e internazionale.
Nei primi anni del 2000, al riparo dai disastri della crisi imminente, le più importanti regioni italiane elaboravano piani e utilizzavano al meglio i fondi comunitari per proporsi sui mercati internazionali.
Beneficiavano degli aumenti del Prodotto Interno Lordo, di continui incrementi dei flussi turistici, miglioravano le proprie infrastrutture e si attrezzavano al futuro. Lavoravano per accogliere e per offrire la propria immagine sul palcoscenico del mondo globalizzato.
La Puglia, invece, restava indietro: senza una programmazione chiara, era agli ultimi posti in Italia per programmazione, rendicontazione e spesa dei fondi comunitari e basava la sua economia su un sistema ormai obsoleto, che pagava le enormi difficoltà della globalizzazione, in cui il lavoro diventa, senza investimenti in qualità, merce povera e l’unica leva su cui giocare la partita della competizione.
C’era urgente bisogno di una visione, di una prospettiva di insieme, di una direzione univoca da seguire. Nel 2005 si avvia, quindi, quel percorso che ha condotto alla costruzione di una Puglia migliore.

Una Puglia capace di traghettare il meglio del proprio passato nel futuro, e di dare certezze ai segmenti più deboli della società. Una Puglia consapevole delle proprie ricchezze (il mare, il paesaggio, le città, la storia, le energie dei giovani, la manifattura) e della possibilità di assumere un ruolo di primo piano nelle vicende sociali ed economiche dell’Italia. Una terra che si riscopre fiera delle proprie tradizioni e delle decine di culture di cui è culla, non recintate nel folklore o nella caricatura o nella chiusura identitaria, ma reinterpretate e vissute come ponte verso la modernità.
Innanzitutto, la nuova visione ha voluto sconfiggere le antiche debolezze, una fra tutte, la frammentazione del sistema di impresa, e senza negare le inclinazioni storiche (la piccola manifattura, l’artigianato, il commercio) ha spinto gli attori dell’economia a pensarsi come un insieme. Il superamento della disputa tra piccolo e grande si è definito nel disegno di nuove aggregazioni: l’idea dei Distretti Produttivi. L’avvio di una nuova stagione di democrazia economica, che richiedeva a tutti di ripensare il rapporto tra sistema d’impresa e pubblici poteri, abbandonando ogni logica di scambio e fondata sulla costruzione del futuro.

Il luogo comune del superamento degli incentivi a pioggia richiedeva di assumere scelte chiare, individuando i settori strategici su cui investire, attraverso il più ampio coinvolgimento degli attori economici e dei cittadini: alla base l’idea di una conversione ecologica dell’economia, capace di puntare sulle energie rinnovabili, sulla chiusura dei ciclo dei rifiuti, sul cibo di qualità, sulle acque, sul turismo sostenibile, sui parchi naturali, sulla formazione continua e sulle energie delle giovani generazioni, non a torto ritenute il vero petrolio della nostra terra, in un’epoca in cui si ritorna spesso a parlare di trivellazioni. E poi ancora, l’idea di un sistema di welfare universale, che lenisse le ferite di una popolazione abbandonata, e un sistema sanitario che non fosse solo ospedali, ma presa in carico costante dei cittadini, in particolare di quelli affetti da patologie croniche.

Tutto sviluppato attraverso meccanismi di partecipazione e di coinvolgimento attivo delle associazioni, dei cittadini, dei movimenti civici, in un momento in cui la politica tradizionale viveva una profonda crisi di rappresentanza delle istanze e delle problematiche dei territori.
Da qui, da questa visione, dall’idea del “tutti protagonisti” ha inizio la storia dei 10 anni in cui si è costruita una Puglia non perfetta, ma certamente migliore.